Rassegna Stampa

Alessandro Kokocinski

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EXIBART

lunedì 07/03/2011

Alessandro Kokocinski al Museo del Duomo a Perugia

TRASFIGURAZIONE

fino al 30 marzo 2011 a cura Di Francesco Federico Mancini Museo del Duomo Tormentato cittadino del mondo in cerca di un fulgido cielo celato, Alessandro Kokocinski elabora un’arte d’esperienza e di metafora. In essa confluisce e si sublima la sua storia, narrata con un alfabeto esondante dagli stilemi del Novecento, sebbene ne assuma codici e ascendenze. Trattandosi di un’arte drammaticamente esistenziale, quella del Maestro non riporta, né gli accademismi di corrente, né le essenzializzazioni delle ideologie. Un’arte non astratta, non concreta, ma esemplare. Un’arte riportante in icona, tanto lo scandalo della tragedia umana, quanto la luminosità dell’utopia divina. Il gravame biografico trattiene il Maestro, così che non trasforma la migrazione verso esemplari trascendentali in ascesi verso sincretismi religiosi, permanendo i «significanti» di questi nei «significati» di quelli. Più enigmatico si rivela il suo passaggio dal trascendentale, scoperto oltre le tormentate scorribande dell’esistenza individuale, al Trascendente, alluso nelle pindariche rivisitazioni dell’universo dantesco. Terapeuta esteta e comunicatore sociale, Kokocinski offre un’arte di indubbia qualità per sublimare l’effimero, così da rialzare l’uomo dalle ceneri dell’oppressione tirannica, del servaggio sensuale, del nichilismo consumistico. Un’arte che riflette il mondo e fa riflettere l’uomo, così da accompagnare il fruitore oltre il tormento di una vita priva di significato, non offrendo soluzioni dolcificanti, bensì bellezza catartica. Kokocinski è terapeuta della globalizzazione commerciale. La sua arte umanizza i linguaggi, attualmente mistificati dalla persuasione occulta esigita dai poteri, primariamente dei mercati e surrettiziamente delle politiche. Kokocinski organizza codici che riuniscono tempi e spazi lontani, culture e spiritualità diverse. Sintetizza senza scadere nel sincretismo delle spiritualità, nell’eclettismo degli stili, nella massificazione dei gusti, poiché il suo inventare forme sensibili non conduce al rilassamento disimpegnato, ma all’impegno disciplinato. Il Maestro sembra barocco e anche nichilista: ma la sua scena, se teatro, è quello tragico della condizione mortale; il suo nulla, se sapere, è quello fecondo della «teologia negativa». Sembra orientale e anche occidentale: ma il suo poema, se raccontato, non inabissa nel panteismo partenogenetico; la sua poetica, se rappresentata, non conduce all’idolatria consumistica. Sembra disperato ed eginetico: ma il suo animo, se esternato, non rivela odio atavico; le sue figure, se indagate, non ostentano triste apatia. Il Maestro offre la bellezza estetica per dare al pellegrinaggio esistenziale respiro rasserenante, di modo che il viandante del tempo possa intravedere la speranza oltre la mestizia, l’immortalità oltre la mortalità, il divino oltre l’umano. Quella di Kokocinski non è arte alienante, ma suggestione estatica. Mediante l’arma potente e fragile della bellezza non sobilla la fuga dai drammi esistenziali e dalle responsabilità personali, ma ne sussurra il riscatto etico. Propugna tolleranza, non solo per rivestire di romantica sopportabilità la comune disgrazia, bensì per mostrare la reale utopia di un mondo migliore.

 

CORRIERE DELL’UMBRIA

Venerdì 18/02/2011

di ANNA LIA SABELLI FIORETTI

Manca il suono ma ci si aspetta da un momento all’altro di sentir uscire l’urlo da quella bocca resa sghemba dal dolore, esattamente come nell’arcinoto disegno di Munch. Al centro del polittico di Alessandro Kokocinski, artista nato a Porto Recanati nel 1948 da. genitori ebrei in fuga, madre polacca e padre gitano scampati ai campi di sterminio, ma dall’età di un anno “cittadino del mondo” (Argentina, Cile, Germania, Roma), c’è un Cristo laico, un uomo in disfacimento che sacrifica se stesso per aiutare l’umanità a ritrovare la strada della pace, della concordia e dell’amore. Il significato profondo del suo sacrificio viene raccolto, in basso, da un altro. uomo dolente che sta fissando la figura di un impiccato dalla testa sanguinante appena abbozzata sulla tavola dipinta ben consapevole che dovrà essere lui a raccogliere l’eredità del sacrificio di quella vittima innocente andando alla ricerca non di vendetta ma del bene assoluto. Senza ombra di dubbio l’opera di Kokonciski, inaugurata ieri pomeriggio nella sala del Dottorato della Cattedrale di San Lorenzo (ci si accede dal chiostro) alla presenza dell’autore è un vero e proprio pugno allo stomaco per chi abbia un briciolo di sensibilità non solo artistica. Il significato di “Trasfigurazione umana”, ribattezzata per l’esposizione perugina “Una voce al silenzio dei vinti” cattura tutti i sensi con la stessa forza ed efficacia di una drammaturgia teatrale e si nutre dello stupore provocato nei visitatori, come se l’artista ispirato nella creazione dalle Madres de Plaza de Mayo riunite nella chiesa della Trasfigurazione in Trastevere a Roma per uno sciopero della fame, fosse riuscito a trasferire l’anima e il respiro di quelle donne disperate sulle figure che si “gettano” fuori dalle cinque grandi tavole di legno. Un polittico degno di una cattedrale ma che in un luogo di culto non è stato messo, né a Perugia né a Salisburgo da dove proviene, “perché poteva non essere capito, poteva essere poco indicato per alcuni fedeli, poteva turbare 1’opinione pubblica” come ha precisato Francesco Federico Mancini che ha curato prima il “gemellaggio” con Salisburgo e poi lo spostamento dell’installazione a Perugia “Però si è trovato un nobile compromesso con la Curia., tant’ è che è stato ospitato dal museo del Capitolo ed il suo presidente, monsignor Fausto Sciurpa, ha accettato di dare una propria “lettura” all’opera per il catalogo. ‘Lo sguardo duro e l’urlo dell’uomo crocifisso” scrive monsignor Sciurpa “inquietano le coscienze assopite, conniventi e complici, almeno per il silenzio, di tutte le violenze che sfigurano l’umanità”. Esposto in passato a Buenos Aires (la capitale argentina ha ora commissionato a Kokocinski un grande “trasfigurazione” in bronzo per una piazza), a Pechino, a Salisburgo, a Roma, promossa per la parte perugina dalla Fondazione Arte di Perugia e dalla Fondazione Kokocinski di Tuscania (dove ora l’artista vive e lavora) il polittico con varie sculture in vetroresina montate su legno dipinto rimarrà esposto fino al 26 marzo tutti i giorni con ingresso libero dalle l0 alle 12,30 e dalle 15 alle 17,30.

 

IL GIORNALE dell’UMBRIA

venerdì 18/02/2011

Inaugurata la personale dedicata ad Alessandro Kokocinski

Approda a Perugia la Trasfigurazione

Mostra nella sala del Dottorato del Duomo

di FRANCESCO CASTELLINI

Rivoluzionario per istinto ma accademico per rigore formale e ricerca di perfezione, Alessandro Kokocinski ·ha il raro dono saper raccontare l’uomo evidenziandone la dimensione eroica ma non trascurandone mai la sua’ fragilità estrema. Elemento centrale della sua speculazione artistica è sempre la figura umana. Capolavoro indiscusso del suo prestigioso percorso ‘figurativo è la Trasfigurazione, imponente installazione pit1;brico-plas’tica costituita da cinque grandi pannelli che più di mille parole sanno narrare la sofferenza umana ed evocare al contempo i valori universali ‘della speranza e della pace’. Dopo le esposizioni di Buenos Aires, Pechino, Salisburgo; Roma, Tarquinia e .Cento, l’opera approda a Perugia, Da oggi fino al 26 marzo, promossa dalla Fondazione Arte di Perugia e dalla Fondazione Alessandro Kokocinski di Tuscania, in collaborazione con l’Ateneo perugino può essere ammirata nella Sala del Dottorato della Cattedrale di San Lorenzo. Parallelamente, a Todi, alla Galleria Filazzo Morelli Fine Art dal 6 al 20 marzo, esporrà altri dipinti e sculture di Kokocinski. La mostra è di forte impatto emotivo, racconta il dramma di ‘un’umanità derelitta che grida, con la voce dell’ arte, la propria volontà di riscatto. L’ideazione di questo “avvolgente” polittico scaturisce dai fatti che si verificarono a Roma nella chiesa della Trasfigurazione a Monteverde. Qui, il 28 settembre 1979, un gruppo di familiari di desaparecidos mise in atto uno sciopero della fame per denunciare la drammatica situazione in Argentina. A capo della protesta c’era don Andrea Santoro, il sacerdote che fu poi assassinato in Turchia ne 2005. Il curatore della Mostra Francesco Federico Mancini, nel testo critico che correda il catalogo, sottolinea l’intensa corrispondenza emozionale che collega l’opera alla vita di Alessandro Kokocinski, alla dura accademia della vita. E non v’è dubbio alcuno che Alessandro Kokocinski rappresenti una poliedrica figura di pittore- scultore-disegnatore che nella vita ha davvero vissuto ogni tipo di esperienza. Osservando le sue creazioni si nota un annullamento dei limiti delle consuete tecniche di esecuzione, a vantaggio dell’emotività pura. Ecco che allora emergono le angosce di un’umanità perseguitata ,i fantasmi visionari dell’esistenza e gli affetti in cui si crede. Trasfigurazione rispecchia tutta l’esistenza di Kokocinski avventurosa. Figlio di un polacco e di una russa scampati per miracolo ai campi di concentramento, impegnato politicamente, acrobata e scenografo, l’artista ha sempre vissuto pericolosamente. E tutto questo percorso traspare, Figure di bambini che giocano a rincorrersi con la Morte, scheletri incombenti su tutte le figure umane, corpi sofferenti e dilaniati. Proprio questo è il punto. La Trasfigurazione sta proprio lì. Ne è esempio l istallazione che si trova al centro dell’esposizione: un Cristo povero, sofferente e lacero, circondato dalle personificazioni dei mali dell ‘umanità. La mostra di Perugia è dunque anche un’occasione per sottolineare ‘il sodalizio personale artistico del pittore – scultore fra l’arte figurativa ed il mondo del teatro, riuscendo sempre a creare una fusione ideale tra realtà ed immaginario.

NOTE D’ARTISTA

Perugia

La sua vita è un’ avventura

PERUGIA – Alessandro Kokocinski. nasce a Porto Recanati nel 1948 da genitori ebrei di origine russa. Nel 1949 si trasferisce Con i genitori in Brasile, presso Fossa dell’ Jgnazu dove vive per diversi anni tra gli i indigeni guarani. Nel 1956 si trasferisce a Buenos Aires, dove nel ’66 svolge attività di scenografo di teatro. Proprio nell’ ambiente incontra e sposa l’attrice drammatica Prudencia Molero. Nel 1970 lascia l’Argentina per il Cile. La Sua attività espositiva inizia nel 1972,quando si trasferisce a Roma dove conosce il poeta Raphael Alberti ed ha modo di incontrare personaggi quali , Fortunato Bellonzi, Lorenzo Carlo Cattaneo, Alberto Sughi, Jose Ortega, Pedro Cano, Robert Dieter Kopp ed altri. Ne1975 lascia la capitale per la campagna di Anticoli Corrado, mentre nel 1980 si trasferisce a Labro. Nel 1986 soggiorna per un in Cina. Al ritorno si trasferisce in Germania nel 1988,finchè nel 1991 ritorna in Italia e riprende lo studio a Roma, alterando soggiorni in Italia e Germania

 

IL MESSAGGERO

venerdì 18/02/2011

Arte ipercontemporanea e capolavori indiscussi

di STELLA CARNEVALI

Una voce al silenzio dei vinti” di Alessandro Kokocinski fino al 26 marzo alla sala del dottorato della Cattedrale di San Lorenzo in Perugia curata da Francesco Federico Mancini. Capolavoro indiscusso del suo prestigioso percorso figurativo è la Trasfigurazione imponente installazione pittorico-plastica costituita da cinque grandi pannelli. Di forte impatto emotivo, racconta il dramma di un’umanità derelitta che grida, con la voce dell’arte, la propria volontà di riscatto. “Tragicamente ottimistiche “sono state definite le crude, e tuttavia poetiche, inflessioni espressionistiche. Figlio di “guerrieri in fuga” scampati alla follia di due feroci dittature, Alessandro Kokocinski nasce Porto Recanati nel 1948. L’anno successivo, imbarcatosi su una nave “che si pagò il pedaggio con la vita dei più indifesi”, raggiunge l’Argentina, “terra di grandi contrasti, di immensi spazi e di sogni ancora più grandi”. Ha inizio così, la vita avventurosa e insieme esaltante di questo geniale apolide, il quale, dopo aver conosciuto le popolazioni indigene delle foreste Misioneras, approda a Buenos Aires giusto in tempo per assistere alla caduta di Peron. Nel 1970, schedato dal regime per aver militato nei gruppi rivoluzionari, emigra in Cile, attratto dall’ effimero sogno di libertà di Salvator Allende. Per poco si sottrae al golpe del 1973 e alla feroce dittatura di Augusto ‘Pinochet. Raggiunge l’Europa ed è prima ad Amburgo, quindi a Roma. Qui incontra il grande esule andaluso Rafael Alberti, che abita a Trastevere. Grazie ad Alberti entra in contatto con il milieu culturale romano: conosce Carlo Levi, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, diviene amico di Vittorio Gassman guarda con interesse alla pittura di Alberto Sughi e di Riccardo Tommasi Ferroni.

 

LA NAZIONE

venerdì 18/02/2011

Kokocinski tra dolore e speranza

La forza delle emozioni in mostra

Alla Sala del Dottorato nel chiostro del Duomo le opere del polacco

di MIMMO COLETTI

Grida nel silenzio, dolore e speranza, profondo buio e luce saettante: così nella Sala del Dottorato nel chiostro del Duomo parlano le opere di Alessandro Kokocinski, scultore e pittore, artista nel genuino senso dell’espressione, con un quintetto di simboli della trasfigurazione (del Cristo e dell’uomo), della sofferenza che è comunque sacra, della denuncia cantata. E’ mostra diversa perché la realizzazione pratica è avvolta dal contenuto e questo deriva dalla vita, dalle esperienze molteplici, dalla sensibilità sgranata: da oggi e fino al 26 marzo, ingresso libero, un appuntamento da non mancare e in contemporanea un secondo a Todi, a Palazzo Morelli. Cinque sculture in vetroresina su pannelli policromi già esposte a Buenos Aires, Pechino, Salisburgo e da qui a Perugia. Si pensava dapprima a collocarle in cattedrale poi si è optato per questo esito come spiega don Fausto Sciurpa nell’introduzione del catalogo in italiano e tedesco. Due fondazioni hanno concorso a dare visibilità al progetto, quella Kokocinski di Tuscanica – dove l’artista lavora nella chiesa sconsacrata di San Biagio – e ha il compito di conservare e valorizzarne la creatività e la Fondazione Arte di Perugia in collaborazione con l’ateneo nostro e di Salisburgo. Il professor Francesco Federico Mancini, curatore e profondo, avveduto, intenso interprete dell’arte, ripercorre anche le tappe di un’esistenza densa di avvenimenti e la genesi di questa ispirazione particolare. Kokocinski, polacco d’origine, nasce a Porto Recanati nel 1948, la famiglia l’anno dopo va in Argentina alla ricerca del nuovo, lui, ventiduenne, approda in Cile in tempo per assistere alla caduta di Allende, nel ’73 è a Roma. Conosce, frequenta, è amico di Rafael Alberti che gli dedica una poesia riprodotta dall’originale, di Pasolini, Levi, Moravia, Gassman. E una certa teatralità si avverte, emerge, palpita: nella sala del Dottorato vividi contrasti, il chiaro e lo scuro, unghiate di colore, volti e membra contorte. L’idea è sbocciata nel ’79 nella chiesa della Trasfigurazione a Monteverde romano con alcune madri di desaparecidos accolte da don Francesco Santoro, che sarà ucciso in Turchia anni più tardi. Ecco lo sprizzare dell’invenzione unita al contatto col tormento e l’angoscia: il pannello di centro è una sorta di crocifissione laica e mistica, disfacimento del corpo, tensione, spasimo, un personaggio in basso e dietro un grumo di materia attorta, un impiccato sembra, un lacerato, forma studiata e messaggio non figurativo che si avvinghiano. Nei due pannelli a destra una madre che contende il figlio alla morte, molteplicità di piani come nello ‘ schiacciato di Donatello, e la «Genesi dell’orgoglio», Eva e Adamo, memoria del racconto plastico di Wiligelmo. A sinistra le «particelle materiche» e la «sublimazione della vita». In più il modello di un’installazione in bronzo dorato voluta dal governo argentino per Baires. Sempre Trasfigurazione, sempre un pensiero che vola; denso, ricco di lacrime e voglia di sorrisi.